sabato 9 aprile 2011

Waterfront, dibattito ma partendo da zero

Il Secolo XIX, 20 marzo 2011
Silvano D'Alto e Renato Raggi

Il tema della nuova Calata Paita sviluppa interessi che si vanno facendo via via più puntuali e oggetto di punti di vista incrociati sui quali è interessante e utile che si sviluppi la partecipazione dei cittadini. L’articolo dell’ex Sindaco Pagano apparso su questo quotidiano sollecita qualche ulteriore riflessione. Vorremmo che nel processo partecipativo futuro si individuassero come centrali i punti seguenti, ovviamente da sviluppare problematicamente con ilo concorso di tutti:

1. Assumere come valore comune, condiviso, che il nuovo progetto di Calata Paita debba essere un momento di vera, autentica, non strumentale, partecipazione. Una tale forma di partecipazione, tutta da costruire – al di fuori degli stereotipi del linguaggio e della prassi burocratica – ha un suo contenuto di verità, che la rende fertile di idee, stimolante di progetti, felice nei rapporti interpersonali che sviluppa. C’è nella partecipazione non strumentale, ma aperta e leale, un insostituibile valore di cultura: è la ricerca di una nuova città, la scoperta di un nuovo senso urbano, una impegnativa esperienza del fare insieme: insomma una nuova visione della città come apertura ad un più ampio senso del mondo, oggi, nelle circostanze di storia che ai cittadini della Spezia, nel contesto di una società sempre più globale e globalizzata, è dato di vivere.

2. Riconoscere che tra il progetto Llavador vincitore del concorso per il nuovo waterfront della Spezia e il progetto del Comune c’è un radicale salto di qualità. Il progetto Llavador proponeva una visione di apparente eloquenza formale del fronte a mare predisponendo in primo piano attrezzature e servizi con spazi di interesse comune, con l’enfasi formale di una nuova scala urbanistica. In secondo piano apparivano le sequenze di macrocondomini che sono stati promossi, nel progetto comunale, in primo piano: assorbendo nelle volumetrie della rendita immobiliare le attrezzature di uso comune e collettivo, declassandone il valore simbolico e sociale originario con una rielaborazione al ‘ribasso’ dei valori pubblici del progetto vincitore. Una deriva economicistica,. Il rendering del progetto comunale dimostra con evidenza assoluta tale processo.

3. Non si tratta perciò di sviluppare la partecipazione sulla base del progetto esistente. Non si tratta di adattare, ridurre le volumetrie, variare il mix di pubblico e privato. Occorre azzerare i volumi proposti, partire da una tabula rasa del progetto esistente perché solo così potranno prendere vigore i valori nuovi, originali, innovativi e creativi – valori nuovi di cultura e di società – prima ancora che nascano le forme del nuovo progetto. Trovare il senso della nuova Calata Paita come momento di grande slancio innovativo e creativo, fondativo di un pensiero alto e vero della città e del suo golfo, Questo è il compito della partecipazione se saprà attivare le energie vive, culturalmente e socialmente produttive che esistono nella città.

4. Fare di Calata Paita un bene comune significa pensarla e costruirla come una grande Piazza sul Mare, un nuovo cuore urbano, per esprimere un senso corale della città: come un cantiere dell’identità, della diversità, del divenire della città.

Piazza sul Mare come centralità del luogo: rispetto all’arco del golfo dei poeti, significa farne il referente esemplare per una concezione non mercificata del margine costiero del golfo: che è un bene comune nel suo insieme, il vero waterfront del golfo. Occorre dunque dilatare il senso del waterfront, includendo in primo luogo i futuri probabili spazi urbani dell’Arsenale.

Calata Paita, come ‘bene comune’, risorsa pubblica perché su suolo pubblico, non può essere proprietà di qualcuno, non può essere divisa in parti, ma è il bene che, essendo non riproducibile, non-rivale, non-escludibile, dovrà esprimere nella forma più convincente e leale il senso di appartenenza a tutta la comunità cittadina e al suo progetto di futuro: come l’acqua, l’aria, la fertilità della terra. Tutti devono riconoscersi in quel bene comune, come un momento urbano fertile di cultura e di energie di vita.

Un bene comune non rinuncia ad essere anche un bene economico. Ma la sostenibilità di un bene comune va oltre il valore economico: penetra negli spazi della conoscenza e della natura. Economia e cultura devono procede insieme, perché la cultura stessa può produrre ricchezza: con la sua incessante dinamica evolutiva. e con la sua costante interazione con l’economia. Gli eventi culturali, i luoghi della cultura oggi sono mete di viaggi turistici, sono praticati, danno prestigio. E questo sarà sempre più vero in futuro. Non si può perdere l’occasione di fare di Calata Paita il punto di partenza di un ‘altro’ sviluppo. Si può sciupare Calata Paita. Con condomini, alberghi terziario non qualificato si sciupa calata Paita, irreversibilmente. E si impoverisce la città. Una Calata Paita che sia in primo luogo un bene culturale è lo spazio con il quale la città, tutta la città, si affaccia sul mare e, da qui, sul mondo. Il mare inteso come luogo della comunicazione fra culture, fra storie diverse, fra memorie da ripercorrere: nella nuova esperienza dell’Europa e del Mediterraneo.

Abbiamo a La Spezia una associazione culturale che ha il Mediterraneo come referente simbolico di cultura, di storia, di memoria, di valori urbani. Perché non partire da un’idea di Calata Paita come il luogo nel quale si accolgono i linguaggi della storia mediterranea: il teatro, la musica, le arti visive, le installazioni interattive, i modi di vita -¬ storia memoria economia ¬- del mondo dal quale dipendono le nostre radici: tutto questo per capirci, per sapere chi siamo, dove andiamo nel mondo moderno globalizzato e carico di squilibri.

Si darebbe a La Spezia una centralità nuova rispetto al Mediterraneo e alla stessa Europa. Allargare i confini virtuali della città in una nuova visione del mondo. Anche da punto di vista economico sarebbe una ricchezza che si rigenera di anno in anno. Non l’economia del mattone, ma della cultura che genera ricchezza. La novità non sono i condomini e gli alberghi ma ciò che può nascere dalla immaginazione urbana. Nei waterfront europei, nelle aree dismesse dalle attività produttive della società industriale si è dato sempre un posto di privilegio alle iniziative culturali. Intorno al grande spazio “bene comune” della nuova Calata Paita è naturale che possano aprirsi attività di una vita conviviale che, come nelle nostre città di mercato, può diventare pulsante vita urbana.

Si dirà che questa è utopia. Ma senza utopia non si genera il futuro, che è frutto dell’impegno di tutti. Perciò anche questo nostro modesto sforzo analitico e ideativo, che riteniamo doveroso contributo alla città, sia soltanto uno stimolo per altre idee e per un dibattito nella Città: al quale le Associazioni culturali del nostro territorio, in primo luogo, devono sentirsi responsabili come propulsive di nuove, più dinamiche, costruttive, creative forme di partecipazione.